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Per chi progetta cose, dall’architetto che progetta case a chi, come me, progetta la comunicazione, il concetto di bellezza è indissolubilmente legato a quello di funzione d’uso: se una cosa funziona e raggiunge l’obiettivo per cui è stata pensata, allora è bella.

Sin dalle prime teorizzazioni del Bauhaus — la scuola di arte e design che sarà avanguardia nella sua epoca e fondatrice di principi che dopo più di cento anni risulteranno ancora più che validi, il suo fondatore Gropius sostiene che un oggetto d’uso «deve conformarsi perfettamente alle sue finalità […] e deve essere durevole, economico e “bello”». La bellezza delle cose è imperativo del design pur non essendo, come in precedenza, un concetto spirituale ma derivante dai metodi di produzione, dalle tecniche di costruzione e dai materiali. La bellezza sta, per Gropius, in «forme e colori fondamentali tipici, comprensibili a chiunque». Immediato dunque il collegamento con il concetto di accessibilità e di inclusione: la bellezza scaturisce dalla natura intrinseca dell’oggetto stesso ed è quindi consapevolmente progettata. Anche Donald Norman, nel saggio La caffettiera del masochista, sostiene l’importanza della progettazione razionale nei confronti degli oggetti quotidiani e per estensione a ogni spazio che viviamo: due delle caratteristiche principali per una buona progettazione devono essere la visibilità e la comprensibilità. Un oggetto di cui le persone capiscono al volo funzione e uso genera emozioni positive e dunque perfettamente sovrapponibili al concetto di bello, «che per aspetto esteriore o per qualità intrinseche provoca impressioni gradevoli».1 Condivido in pieno queste teorie che negli anni con l’esperienza sul campo ho fatto mie perché funzionano e sono obiettivamente verificate. Ci sono però almeno due punti di ineffabile bellezza che non contemplano. Le materie scientifiche spiegano il funzionamento di atomi e molecole o dei processi biologici che regolano i cicli di vita — e si ritrova bellezza nel “funzionamento” delle onde del mare, ad esempio, o di un seme che diventa frutto, queste non riescono ad essere esaustive nei confronti di almeno due grandi fenomeni: le bellezze che contemplano la Natura e l’Umano. Chi ha progettato le bellezze che più di tutte mi lasciano senza fiato? Un tramonto, il cielo stellato, la trama degli alveari, l’irreplicabile geometria di ogni fiocco di neve, la pelle vellutata delle pesche, l’inebriante profumo delle fresie e dei gelsomini… Sotto ognuno di questi fenomeni abbiamo rintracciato una progettazione impeccabile, formule chimiche e fisiche che regolano qualsiasi corpo secondo le leggi del pianeta, ma nessuna di queste leggi spiega lo stupore, la meraviglia che sono in grado di suscitare. I canoni di bellezza in cui rientrano uomini e donne che si susseguono dalla Venere di Willendorf a quella di Botticelli, alle veneri contemporanee, sono i più disparati e ogni volta influenzano o sono influenzati dai comportamenti delle comunità di riferimento. Non c’è spiegazione scientifica o razionale in grado di codificare le bellezze umane. Io però ho un sacco di casi intorno a me. Giuseppe, che ama la storia e da grande vuole viaggiare; Martino, con cui mi è bastato scambiare un evidenziatore per ricevere un mazzo di rose; Giovanna e Michela, le gemelle sorelle di Carla, le più dolci e pazienti creature che conosco; Antonio, che sta progettando la mia prossima casa con pennarelli e colori a cera; Vincenzo, che ogni volta che viene da me cerca il regalo che il folletto gli lascia in una scatola di latta… Emilia, Susi, Ausilia e le altre dell’associazione Oltre il Guscio, che portano avanti il discorso sulla diversità come mai ho visto fare prima. Antonietta, con l’associazione Casa Mia Onlus Dopo Di Noi. Anna Rita, con il suo lavoro con i ragazzi di Pandora Ability. Se volessi elencarle tutte mi ci vorrebbe molto, troppo spazio. Fidatevi però, il mondo ne è pieno. Bellezze, infinite bellezze. 

NOTE

Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli: Dizionario etimologico della lingua italiana — Zanichelli — 1999

PER APPROFONDIRE

Donald Norman: La caffettiera del masochista. Il design degli oggetti quotidiani — Giunti — 1990

Maurizio Vitta: Il progetto della bellezza — Piccola Biblioteca Einaudi — 2007

Hans Maria Wingler: Il Bauhaus — Feltrinelli — 1987 


QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU ORIONE N. 25, “Bellezze”, NELLA SEZIONE EDITORIALE — SETTEMBRE-DICEMBRE 2022

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