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Il dottor Alberto Pellai è psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore all’università di Milano, oltre che autore di molti bestseller dedicati ai genitori.

Cosa vuol dire essere adolescenti oggi?

Essere adolescenti oggi vuol dire affrontare le stesse sfide evolutive di 10, 20, 40 e 60 anni fa: dover entrare in una nuova zona della vita dove il corpo ha una carica relazionale, emotiva, affettiva, sessuale, sentimentale e generativa che non era presente nel periodo della prima e della seconda infanzia. Vuol dire fare quella che si chiama la nascita sociale: oggi come allora.

In che relazione è la nascita sociale dei ragazzi con i genitori?

Compiere la nascita sociale significa disincagliarsi dai genitori ed entrare in una zona esplorativa, perché ora la nuova casa non è più il nucleo familiare ma è il mondo. Questo vuol dire aprirsi al nuovo, diventare esploratori della vita, delle relazioni e anche individuarsi, cioè capire chi si vuole essere.

Cosa è cambiato?

Le sfide evolutive non sono cambiate, completamente diverso è il mondo in cui i ragazzi vanno a giocare. Intanto perché è un mondo dove il futuro viene raccontato come una zona di insuccesso, di fallimento, di fatica e precarietà. Questo è nuovo rispetto al passato: prima in adolescenza il futuro era una zona di conquista, di realizzazione e di speranza.

Qual è il ruolo delle istituzioni? La scuola, la parrocchia, gli scout…

Queste realtà hanno il ruolo di sostegno educativo e alla crescita, la scuola diventa un luogo dove ci sono adulti competenti in contrapposizione magari alla fragilità degli adulti presenti in famiglia; questi sono anche luoghi dove spesso i ragazzi si aggregano. Ci sono adulti che hanno un progetto educativo su di loro e questo fa molto bene ai ragazzi.

Come spiega il concetto di comunità?

La comunità è il luogo dove più adulti sviluppano una mente adulta comune, che faccia sentire protetti, pensati e al sicuro i ragazzi durante la crescita e che può diventare un luogo di appartenenza per gli adolescenti, dove poter giocare la propria nascita sociale.

Come incidono sul comportamento le nuove tecnologie rispetto agli altri mezzi che in passato potevano utilizzare gli adolescenti?

Le tecnologie sono degli spazi di esplorazione dove molti ragazzi compiono le esplorazioni che non riescono più a compiere nel reale. Vent’anni fa la bicicletta era lo strumento della preadolescenza che significava esplorazione, incontro con nuove persone distanti dal mio territorio. Oggi questo non succede più perché i genitori sono spaventati dai rischi per l’incolumità fisica dei figli e quindi l’esplorazione dei nuovi mondi i ragazzi la spostano nel mondo online.

Qual è il rischio che si corre?

Il rischio è quello della creazione di simulacri: un’amicizia su Facebook non è un’amicizia vera; spesso si corre il rischio di dare accesso a contenuti non adatti agli adolescenti, è il caso ad esempio della pornografia o della socialità virtuale, che non richiede la messa in gioco delle competenze relazionali e sociali della vita reale. Si sfocia così nel sexting, nel cyberbullismo.

Qual è la cornice sociale attuale?

È cambiato molto; è cambiato il contesto in cui i ragazzi si realizzano: non è più solo il mondo reale ma è anche il mondo virtuale. È cambiato anche il modo di fare famiglia: ci sono molte più fragilità e spesso non esiste più la mente adulta comune, sia nella coppia genitoriale — che spesso essendo in disaccordo dà messaggi ambivalenti ai ragazzi — sia nel mondo là fuori, che spinge moltissimo i ragazzi a consumare sostanze, a bere alcol, a giocare d’azzardo… In questa complessità i genitori di oggi fanno molta fatica ad orientarsi e a capire qual è il loro ruolo educativo perché spesso non hanno le coordinate per muoversi in questa fase. Conoscono le sfide dell’adolescenza perché le hanno vissute anche loro, ma non conoscono come contenere un’adolescenza così complessa.


QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU ORIONE N.10, “DIECI”, NELLA SEZIONE INTERVISTA — APRILE 2016

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