Nei mari ci sono più cotton fioc che pesci e ingeriamo fino a duemila minuscoli frammenti di plastica a settimana — sono 5 grammi, l’equivalente del peso di una carta di credito.[1] L’ONU dice che nei prossimi decenni fino a un milione di specie vegetali e animali è a rischio estinzione a causa delle attività umane. Ci stiamo comportando male: ospiti inadeguati del ventre che ci ospita, ne usiamo e abusiamo come più ci fa comodo, nel nome dell’industrializzazione, prima, e dell’ampliamento della tecnologia, poi. Se da un lato questo progresso sta distruggendo il pianeta, dall’altro è innegabile che ha contribuito all’aumento del benessere, in termini di comodità, servizi, spostamenti, comunicazioni, sicurezza… Peccato che però questo aumentato benessere sia riferito solo a una relativa collettività, aumentando di fatto anche il divario tra paesi industrializzati e terzo, quarto, quinto mondo. Il modello di sviluppo attuale antropocentrico, con il dominio dell’uomo sulla natura, ha senza dubbio compromesso l’ecosistema, andando a impattare su molti equilibri che senza la presenza umana si sarebbero sviluppati diversamente. Ma è anche vero che il dominio sulla natura è solo un’illusione: tsunami, terremoti, vulcani e spostamenti delle faglie non dipendono mica dall’uomo e no, non credo che siano manifestazioni di vendetta della nostra madre terra. È importante avere un comportamento etico e corretto nei confronti della natura — differenziare, utilizzare i mezzi pubblici, ridurre gli sprechi e scegliere materiali bio e non inquinanti; però non si può scadere neanche nel negazionismo totale della vita cui siamo abituati e da cui è difficile — se non impossibile — tornare indietro. Gli aborigeni con il loro stile di vita hanno impatto zero. Ma non hanno neanche la Cappella Sistina.
NOTE
[1] AN ANALYSIS for WWF by Dalberg and The University of Newcastle, Australia: No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People — 2019
QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU ORIONE N.17, “MADRE TERRA”, NELLA SEZIONE EDITORIALE — AGOSTO 2019
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